sabato 30 maggio 2009

Lettera aperta " Riassumente Salvatore Palumbo"

MERCOLEDI’ 3 GIUGNO ORE 16,00
SIT.IN/VOLANTINAGGIO ALLA SICINDUSTRIA


GIOVEDI’ 4 GIUGNO ORE 10,00
PRESIDIO AL TRIBUNALE –SEZ. LAVORO

Udienza processo Palumbo/Fincantiei

Invitiamo tutti a partecipare
Lettera aperta
Palermo, 30 maggio 2009
Ai Giudici del Tribunale del Lavoro di Palermo

Al Prefetto di Palermo
Ai dirigenti della Fincantieri
Alle Organizzazioni Sindacali
Agli operai
Alla cittadinanza
Ai mezzi di informazione

Riassumere Salvatore Palumbo!

“Riassumiamo Salvatore Palumbo”, operaio licenziato dalla Fincantieri di Palermo, è diventata per noi una parola d’ordine impellente e necessaria di fronte ad un licenziamento che riteniamo illegittimo perché palesemente indirizzato a zittire ed eliminare una voce scomoda all’interno del posto di lavoro.
È scomodo infatti oggi per molti padroni che un operaio decida, senza timore di essere licenziato, di denunciare quanto vede con i propri occhi e spesso prova sulla propria pelle: e, cioè, nel caso di Salvatore Palumbo, tutto ciò che concerne la sicurezza sul posto di lavoro all’interno dei Cantieri Navali di Palermo.
Per sette anni è sempre stato attivo all’interno della fabbrica, battendosi per la sicurezza sul lavoro, denunciando e subendo per questo negli anni diversi “provvedimenti disciplinari” tesi ad impedire questa sua lotta. Anche dopo il licenziamento ha continuato a portare avanti la sua battaglia fuori della fabbrica con diverse iniziative pubbliche.
Riteniamo che sia risaputo, perché spesso all’ordine del giorno sulla stampa e altri mezzi di informazione, che le condizioni di salute e sicurezza all’interno dei Cantieri navali siano pessime: dirigenti denunciati e talvolta arrestati, parti anche estese dei Cantieri messe sotto sequestro, incidenti sul lavoro (spesso non denunciati come tali ma trasformati dall’azienda in malattia) e per fortuna solo qualche morto sul lavoro in questi ultimi anni; questo se naturalmente ci limitiamo agli incidenti in cui un operaio muore sul colpo, perché rispetto a tutti quegli operai che si infortunano, si ammalano e non riescono nemmeno a godersi la pensione, raggiungiamo cifre davvero impressionanti (cose che non risaltano perché non sono “spettacolari”).
In questa tragedia della “morte lenta” ha una parte di rilievo l’inquinamento da amianto, i cui effetti si producono ancora oggi. Tant’è che sono in corso processi per la eventuale condanna dei responsabili dell’Azienda e per il riconoscimento per tanti lavoratori e per i loro familiari dei diritti legati a queste patologie.
Tutto ciò nel contesto accertato nei tribunali e storicamente di una decennale infiltrazione mafiosa.
Questa è la vita quotidiana all’interno della Fincantieri di Palermo!
Che ben si inserisce quindi, all’interno della tragedia che in alcuni giorni concentra tutto il suo orrore, come gli operai morti in gruppo a Saras, e che sta lì a dimostrare quanto sia necessario che ci siano operai liberi di denunciare senza sentire il ricatto di ritorsioni. Per questo da tempo chiediamo oramai, tra le tante altre cose, che ci siano postazioni ispettive dentro i grandi impianti di lavoro che servano come riferimento di lavoratori e delegati e per gli interventi immediati.
È per tutto questo che ci rivolgiamo ai giudici del Tribunale del Lavoro di Palermo che devono giudicare se chi è stato licenziato per questi motivi (messo in mezzo ad una strada con la sua famiglia – moglie e tre bambini!) debba avere giustizia oppure no!
Non si tratta per noi e per chi, pensiamo, condivida questa battaglia di civiltà, di “tecnica processuale”, non è in questi termini che si può rendere giustizia a chi è vittima di un sistema produttivo che fa 1300 morti all’anno e decine di migliaia di invalidi, cui ha rivolto la propria attenzione, invitando i responsabili a trovare una soluzione, anche più e più volte il Presidente Napolitano.
E ci rivolgiamo naturalmente anche a tutti coloro cui questa lettera è indirizzata affinché prendano posizione su una vicenda, che diventa esemplare, insieme ad altre nel nostro Paese, del rapporto tra lavoratore e padrone.
Si è accumulata in questi due anni circa una quantità tale di documentazione (documenti legali, foto, video, testimonianze) che viene messa a disposizione di tutti gli interessati per farsi un’idea, se necessario, ancora più precisa e particolareggiata delle cose che stiamo affermando rispetto alla vicenda Palumbo.
Pensiamo sia doveroso mobilitarsi affinché operai che denunciano queste condizioni aberranti non debbano più continuare a subire e non siano più lasciati soli!

Rete nazionale per la sicurezza nei posti di lavoro – Nodo Palermitano
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